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lunedì 26 novembre 2012

DARIO BELLEZZA - I poeti (maledetti), i gatti e l'amore.








Il Dario Bellezza poeta spara tutte le sue cartucce buone in due o tre opere poetiche che a mio modo di vedere sono ai vertici della produzione lirica italiana.

Di lui ho amato immensamente:
"Invettive e licenze" (1971), in parte "Morte segreta"(1976) e certi versi solari e disperati dedicati agli inseparabili felini che Dario adorava.

Se gli si perdona il maledettismo un po' di maniera e l'autoreferenzialità sfrenata, il primo Bellezza miscelando in cocktail mortale arte e vita,  regala poesia incandescente e finali da togliere il fiato,  raggiungendo esiti poetici notevolissimi.






Giorgio Crisafi legge Dario Bellezza.






Da "Invettive e licenze" - Garzanti 1971 (fuori catalogo)



A Pier Paolo Pasolini


M'aggiro fra ricatti e botte e licenzio
la mia anima mezza vuota e peccatrice

e la derelitta crocifissione mia sola
sa chi sono: spia e ricattatore
che odia i suoi simili. E non trovo

pace in questa sordida lotta
contro la mia rovina, il suo sfacelo.

Dio! Non attendo che la morte.
Ignoro il corso della Storia. So solo
la bestia che è in me e latra.


***


Alla fermata del tram, a mezzanotte:
insieme alla mia carezza salivi e via
mentre veloci i miei morti piangevano
dagli occhi la loro nuova serale morte.

Tu, via! Nel notturno puntuale
a destinazione dentro le materne lenzuola.
Io baciato dalla fortuna dentro il solito
snack a pugnare con gli anonimi sguardi

col mio sguardo ubriaco, i soliti
supplì in bocca a masticare lentamente
e vuoto di seme camminavo
solo pedinato soltanto da qualche
infelicità.

Ancora addio "occhi belli", "belli capelli"
che dietro di me ti affanni ad inseguire.
Che la tua ombra non mi pesi troppo addosso
ora che non la posso più abbracciare.


***

Ascoltavo la morte nel mio sogno
di pazzo dirmi all'orecchio soave:
"Ti trascuro. Non verrò mai da te."

Allora mi ricordai di te e mi svegliai.
La morte mi era a lato. La notte
riempiva la stanza del silenzio.
Alla finestra la luce della luna. E

nel mio cuore un presentimento.


***

Non si vedrà per tutto l'inverno
il mio ragazzo venire dal lattaio
con la busta del latte da mezzo litro:
tutti penseranno che il radicato
nel mio cuore aspetta malato
che io arrivi con la busta in mano.

Non si vedrà per tutta la primavera
il suo ritorno; le lacrime invano
scivoleranno dalle mie guance:
tutti penseranno che mi ha lasciato
solo nella mia grande casa.

Non si vedrà per tutta l'estate
la sua abbronzatura cittadina,
ma al mare, uguale ai più tranquilli
e solitari ragazzi, lo immagineranno
silenziosamente disteso sulla sabbia.

Non si vedrà in autunno alcuno
bussare alla mia porta marroncina:
tutti mi guarderanno con tristezza
perché questa è la stagione dei morti.

***


A Carlo Betocchi

Sterile figlio della notte feconda
il rimorso appeso al filo del sonno

canta le sue sottili nenie, la sua ira
attraverso le coltri mezze nere
ma le sue grandi ali variopinte
non si spezzano all'urto del sonnifero
ospitale. Quando nato da un sogno

l'incubo ci porterà a te spiaggia
di un nostro perduto mare,

la tua fronte stellata, i tuoi occhi
scolorati baceremo e come

colombe dal desio chiamate
chiameremo l'amore col suo nome
maledetto.


***


Dio mi moriva sul mare
azzurro, sul suo pattino dove
mi aveva invitato ad andare.

Ma fu la gelosia, la normalità
dei ragazzi a spingermi a rifiutare,
ad alzare le spalle alle battute
salaci.

L'odore del mare riempiva
le navi e tu cantavi negli occhi
ridarelli vittoria.


***


Bruciavi d'amore e voluttà
sul tram, nei calzoni scoloriti
dall'estate.

Sull'erba matta dei giardini
di notte i nostri abbracci.

Noi,
le generazioni sterili per la morte.




Da "Io" - Mondadori 1983 (fuori catalogo)



Ti basta un filo di cotone, un pezzo
di carta raggomitolando il tutto
niente parole per fortuna, solo
qualche bacetto dato di nascosto
al tuo faccino davanti allo specchio
di tutte le meraviglie. In paradiso
ci andrai dritta, con vele bianche
e la fanfara, io a stento ti terrò
dietro sapendo di fermarmi
molto prima.


***


Una giornata di maggio, piovosa
il cielo lassù senza speranza
incerto, timido di pioggia
da buttare purificando le Creature.
Io passai, fantasma assorto
in un peccato paradisiaco
davanti a rovine antiche
e lì tre creaturine miagolanti
m'invitarono a soffrire con loro.
Erano dentro una busta di plastica:
umidi di guazza ma vivi, ed io
li raccolsi davanti a tutto
il concerto di gatti randagi
che aspettavano il cibo dalle gattare.
Io ero ormai un gatto: gli occhi
di sirena delle femmine-gatto
mi guardavano cantando mentre
accorrevo al trepido soccorso.
Io fuggivo con la busta, e le gatte
mi correvano dietro contente.
I ciechi pulcini si agitavano
in cerca delle poppe
che io non avevo, armandomi
di un sottile contagocce.
Fui certo di perdermi
in quell'universo gattesco...


Bibliografia:

POESIA:


  • Invettive e licenze, Garzanti, 1971
  • Morte segreta, Garzanti, 1976
  • Libro d'amore, 1982
  • Io, Arnoldo Mondadori Editore, 1983
  • Colosseo - Apologia di teatro, Pellicanolibri 1985
  • Serpenta, Arnoldo Mondadori Editore, 1987
  • Libro di poesia, Garzanti, 1990 
  • Gatti e altro, Fermenti Editrice, 1993 (con illustrazioni di Francesco Paolo Delle Noci)
  • L'avversario, Arnoldo Mondadori Editore, 1994
  • Proclama sul fascino, Arnoldo Mondadori Editore, 1996
  • Poesie 1971-1996, Arnoldo Mondadori Editore (raccolta)